Un weekend al casino

Da più di un anno non ero riuscita a concedermi una vacanza. Il lavoro mi aveva sopraffatto, ma d’altra parte quando si è i padroni della propria impresa queste cose sono all’ordine del giorno. Ero felice perché quello che era stato solo un progetto nella mia testa per molto tempo aveva finalmente preso forma, aveva iniziato ad esistere e stava funzionando così bene da non darmi un attimo di tregua. Nel giro di soli sei mesi avevo dovuto trovare un ufficio più grande e assumere ben quattro dipendenti, avevo dovuto trovare il doppio dei fornitori ed escogitare un sistema di consegne che non dipendesse del tutto dai corrieri esterni. 

Quindi non mi prendevo neanche un giorno di riposo (lavoravo sette giorni su sette) da un bel po’, ma non mi importava. Avrei fatto delle belle, lunghe vacanze nel momento in cui la mia azienda fosse stata avviata al punto da non richiedere più la mia costante presenza. Questo era il mio piano, non fosse che una bella sera mentre tornavo a casa, senza neanche rendermene conto, svenni per strada, battei la testa e mi ritrovai in ospedale la mattina seguente con una bella commozione cerebrale. Ero scioccata. Non tanto per lo svenimento, ma perchè avrei perso giorni preziosi di lavoro, giorni cruciali secondo la mia opinione, e i dottori volevano tenermi sotto osservazione per almeno quattro giorni. Come avrei fatto? Il mio castello che stava finalmente venendo su, bello dritto e alto, si sarebbe frantumato in un battibaleno. Ero già sull’orlo di una crisi di nervi massiva, quando mi porsero il telefono. Il mio segretario mi stava chiedendo quello che volevo venisse fatto riguardo a varie cose, e mi dimostrava una sicurezza strabiliante, ero incredula, ma molto felice. Iniziai a rilassarmi, e accettai il ricovero se avessi potuto tenermi il telefono e anche lavorare al pc per almeno un’ora al giorno. Così mi resi conto che il mio castello era già ben che finito, ero stata davvero brava. 

Il giorno della mia dimissione dall’ospedale, mia madre mi venne a prendere, ma, mentre guidavamo in silenzio, mi resi conto che non stavamo andando a casa, al contrario, avevamo imboccato l’autostrada. Con orrore le chiesi dove mi stesse portando e, invece di rispondermi, lei mi rimproverò in lungo e in largo per essere giusta a quel punto. Alla fine della ramanzina, dopo aver ammesso il mio errore, mi comunico che mi stava portando al casino per il weekend, dove avremmo passato il tempo insieme, in relax e divertendoci. Essendo stanca, ma anche molto rasserenata dall’andamento dell’azienda, accettai senza lamenti e ben presto giungemmo al casino.

Era un edificio grosso, lussuoso e immerso nel verde. Alla reception ci accolsero con gentilezza e appresi che avremmo dormito lì e, con gran gioia, che avremmo potuto usufruire della Spa e della sauna compresi nel prezzo. All’improvviso mi sentii felicissima. Abbracciai mia madre e ci dirigemmo alla nostra stanza. Quella sera giocammo al casino, ci divertimmo come due ragazzine sconsiderate e ridemmo assieme come non facevamo da un sacco. Il giorno dopo, invece, al casino non ci entrammo neanche. Passammo il tempo all’aperto e poi nel centro benessere del casino. 

Rientrai a casa una donna nuova, pronta a tornare al lavoro, ma rigenerata e consapevole di dover staccare di tanto in tanto. E, soprattutto, conscia dell’enorme amore di mia madre.

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